È FONDAMENTALE IL CONTRIBUTO DELL’INDUSTRIA DI TERRA

La transizione energetica nel settore marittimo è possibile

Nell’intervista il Presidente di Assarmatori Stefano Messina spiega come

Obiettivo decarbonizzazione entro il 2050: qual è il ruolo degli armatori e come si stanno muovendo in tal senso?

“Si tratta di una questione complessa che, per il trasporto marittimo come per gli altri settori industriali coinvolti in questo processo, chiama in causa il ruolo di una pluralità di attori. In altre parole, nel migliore dei casi l’armatore può contribuire per il 30% al raggiungimento di tali obiettivi; per il resto sono attesi contributi fondamentali ad esempio dall’industria di terra per quanto riguarda la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione dei carburanti alternativi.

Analogo ragionamento può valere per il cold ironing, ovvero per l’elettrificazione delle banchine: buona parte del naviglio operante può già attingere l’energia da terra durante la sosta nei porti, le rimanenti navi possono essere adeguate in tempi piuttosto rapidi, ma occorre che queste infrastrutture siano pronte, fruibili e che forniscano energia a condizioni economicamente compatibili.

Nel corso degli anni, con una accelerazione nell’ultimo decennio, l’armamento ha investito in navi sempre più moderne e tecnologicamente avanzate, con un’attenzione particolare all’abbattimento delle emissioni; lo sviluppo delle Autostrade del Mare, che realizzano una vera sostenibilità ambientale, assurge per certi aspetti a simbolo di un impegno costante e convinto su queste tematiche. In questo scenario, si collocano normative nazionali, comunitarie e internazionali, come il pacchetto ‘Fit for 55’ dell’Ue e il CII dell’IMO, che esercitano una pressione sempre maggiore in tema di sostenibilità ambientale, talora esasperando e rendendo inattuabili gli obiettivi che si pongono, con il rischio di ottenere l’effetto opposto. In questa ottica Assarmatori ha avviato da tempo un dialogo costante con le istituzioni nazionali ed europee per evitare storture e contrapposizioni, ottenendo alcuni risultati confortanti. Ma la rotta è ancora irta di pericoli.”

Combustibili fossili e riduzione di GHG (Green House Gases): come è possibile realizzare la transizione a fonti rinnovabili?

“La transizione è già in corso, grazie a un combustibile come il gas naturale liquefatto che abbatte buona parte delle emissioni climalteranti e, nel contempo, alla sperimentazione di fuel alternativi, dall’ammoniaca ai biofuel al metanolo. L’armamento in questo percorso non può essere lasciato solo. Paradossalmente una spinta decisiva potrebbe pervenire dall’estensione al trasporto marittimo dell’Emission Trading System. Si tratta di una misura che reca con sé notevoli difficoltà, ma adesso l’importante è fare in modo che l’imponente gettito che rimarrà all’Italia e non sarà destinato al bilancio di Bruxelles venga reinvestito proprio per accompagnare il settore verso la decarbonizzazione.”

L’implementazione di nuove tecnologie può sicuramente aiutare per arrivare a un futuro a zero emissioni. È possibile integrarle nelle flotte già esistenti?

“Le navi di ultima generazione hanno già a bordo le migliori tecnologie disponibili sul mercato e molte di queste sono già in servizio su rotte che toccano anche l’Italia. Certamente molto può essere fatto anche intervenendo sul naviglio già presente in flotta, come del resto è avvenuto nel corso degli ultimi anni. Mi riferisco, ad esempio, all’installazione degli scrubber, un sistema di pulizia dei gas di scarico delle navi che consente di abbattere in modo significativo le emissioni. L’industria armatoriale è al lavoro con tutti i soggetti, dalla cantieristica navale agli organismi di certificazione, per implementare tali tecnologie, con investimenti tutt’altro che marginali.”

Quale la roadmap da seguire?

“Direi che la strada è tracciata, quello che chiediamo, soprattutto all’Unione Europea, è evitare misure drastiche, sovente dettate più dall’ideologia che dal buon senso; misure che, anziché favorire una vera decarbonizzazione globale rischiano solo di produrre due effetti perversi: spostare le emissioni qualche chilometro più in là, in paesi che non fanno parte dell’Ue; quindi abbattere i livelli di competitività delle flotte comunitarie con effetti fortemente penalizzanti sulla nostra flotta, sull’interscambio marittimo che interessa direttamente l’Italia, nonché sui nostri porti. Il tutto nel grande paradosso di incidere solo marginalmente a tutela dell’ambiente.”

Stefano Messina. Nato a Genova nel 1968, dopo la Laurea in Giurisprudenza e una prima esperienza di un anno presso un istituto bancario a Londra, è entrato a far parte delle aziende del Gruppo di famiglia nell’ambito del core business dell’armamento e dei servizi di trasporto marittimo internazionale di linea. Attualmente è Presidente di Gruppo Messina SpA e Vicepresidente Esecutivo di Ignazio Messina & C. SpA, la cui flotta opera con servizi regolari di linea tra il Mediterraneo, l’Africa, il Medio Oriente e il subcontinente indiano. La società gestisce direttamente anche l’Intermodal Marine Terminal all’interno del Porto di Genova. Ricopre inoltre l’incarico di Presidente di Yarpa SpA (società di private equity e Sgr) ed è membro del Consiglio di Amministrazione del Registro Italiano Navale. Da gennaio 2018 è Presidente di Assarmatori e da novembre 2020 è Vice Presidente di Conftrasporto -Confcommercio.

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